Commuove ed entusiasma il racconto di Pinin, nel magico giardino del Segnalibro

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” La sera sui bricchi quando laggiù è rosso, chissà quanti come me parlano da soli. O con la luna. Pensano, ridono, as cugiu per tera. Guardano in aria, piangono. Tanti selvatichi!”

  Un segnalibro serve per segnare dove si è arrivati e da dove si andrà avanti, con una nuova energia e rinnovato entusiasmo. E il Bed & Breakfast Il Segnalibro di Sessant sa essere proprio questo, un luogo di pace dove fermarsi a respirare la gentile brezza che racconta storie ed emozioni, per poi ripartire, custodendo la magia nel cuore. Domenica scorsa, 9 luglio, proprio nella suggestiva cornice del giardino del B&B, è andato in scena ‘Pinin e le masche’, narrazione del Teatro degli Acerbi, scritta da Luciano Nattino da un racconto di Davide Lajolo e interpretata da Massimo Barbero.

Sul far della sera, davanti a un numerosissimo pubblico attento, tra le fronde rigogliose degli alberi, Barbero è diventato Pinin. Pinin è un eremita, vive nel suo bosco, a stretto contatto con la natura. Arriva zoppicando, dal sottobosco in cui per anni si è rifugiato, ed è subito sinergia. Burbero, scostante, taciturno, il solitario abitatore di boschi non ama parlare, ma se lo si sa ascoltare in silenzio è capace di aprirsi e raccontarsi. Ed è così che possiamo sentire la sua storia, donata a un interlocutore che si rivela essere Lajolo stesso. Il suo è un racconto confuso, in cui i ricordi si sovrappongono ai pensieri e stridono mescolandosi alle sensazioni. La guerra, l’amore di Mariarosa, il racconto di Ulisse e della sua e della nostra Odissea, l’incontro con le masche, creature del bosco, alle volte amiche e protettrici, alle volte distruttrici e crudeli… Un flusso di coscienza che, a mo’ di monologo di interiore, riesce ad accarezzare le corde più intime dell’animo umano, in modo così intenso e vibrante da riuscire a spezzare la barriera della quarta parete del teatro. Un monologo a stretto contatto con il pubblico, che, più che una pièce teatrale, diventa esperienza sensoriale, coinvolgimento emotivo, in cui il pubblico si sente soggetto attivo. La scenografia è quella naturale, fatta di colori e odori, e avvolge, diventa essa stessa teatro. Così, si fondono con la natura che permea la pièce anche i pochi oggetti scenici presenti e nulla sembra spezzare l’empatia tra l’uomo e l’ambiente. Persino il caldo profumo di vin brûlé, che inebria gli spettatori, narra la storia di Pinin, che ha il sapore di una vita vissuta, di terra brulla, la stessa che il protagonista accarezza e semina.

In scena, Massimo Barbero, titanico, magistrale, riesce a sparire, a diventare anima. E anche il suo essere claudicante, cieco da un occhio, diventano un dettaglio irrilevante, un sottofondo quasi impercettibile al leitmotiv della sua recitazione. Di lui rimangono le parole, i gesti, la mano protesa verso l’alto, quasi a sfiorare la volta celeste, il suo occhio ceruleo in cui è possibile scorgere il cielo e tutti i suoi prodigi. Ma rimangono anche il frinìo di grilli e cicale, il discorso del tasso, il silenzio del girasole, il soffio del vento tra le foglie dei cerri. Rimane l’abbraccio bianco e incorporeo della masca Mariarosa, fatta d’aria e anima. L’attore trasmette al pubblico i sentimenti, gli permette di tastarli, in un simmetrico equilibrio tra poesia e schiettezza, in cui ogni minimo lemma risuona in modo così spontaneo da apparire fortuito, sentito, vero. Alla fine, mentre Pinin si allontana dall’audience, si porta via i suoi sbalzi d’umore, la sua intensità, la sua tenerezza, la sua irrequietezza, il suo silenzio, le sue stille di verità, il suo grande cuore, ma lascia la capacità di ascoltare, gli altri e noi stessi, lascia lo stupore, l’entusiasmo, la meraviglia, la magia delle piccole cose semplici che sanno brillare… Così, mentre il sole lascia il posto alle tenebre, si ritorna alla vita frenetica e iper-connessa di sempre, in questo mondo che è da “prendere così, con le sue linee del cielo, il volo dell’upupa, il discorso del girasole e da mettere nel pugno, senza stupirsi se, quando lo si riapre, sembra vuoto, perché noi siamo ciò che ci manca, dunque non è vuoto: è ANIMA”

Commosso ed entusiasta il pubblico del Segnalibro, che, alla sua quarta esperienza artistica, conferma la sua vocazione a diventare luogo di incontro e condivisione. Soddisfatti anche gli organizzatori, Manuela e Claudio, che stanno pensando a un nuovo appuntamento in cui poter condividere il ‘loro nido’, magico angolo di mondo, con gli appassionati di natura e convivio.

Per chi voglia vedere (o rivedere) lo spettacolo, invece, Pinin vi aspetta sabato 29 luglio a Valdieri (CN), presso l’Area Celtica, alle ore 21.00.

Irene Conte

 

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