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Centinaia di piedi salgono la stradina di campagna che porta in cima alla collina. Il cielo si è tinto del rosso del tramonto e le luci della città, in lontananza, appaiono come piccole stelle. Lo scenario mozzafiato che si apre davanti ai numerosissimi “camminatori di domande” è quello della frazione San Michele di Costigliole d’Asti, dove ieri sera si è svolta l’ottava tappa del cartellone ‘Paesaggi e Oltre, teatro e musica d’estate nelle terre dell’UNESCO’, per un peculiare Ferragosto a teatro.

Sul palco, un teatrante di quelli che hanno scritto la storia del teatro e dell’illusione, il grande Titino Carrara, della famiglia del Piccolo Carro di Tespi. La pièce presentata è ‘La terra della mia anima’, tratta dall’omonimo libro di Massimo Carlotto, con testo di Carlotto, Carrara e Laura Curino, anche regista.

La storia narrata è quella di Beniamino Rossini, un fuorilegge dalla vita burrascosa e densa di colpi di scena. Come Carrara, anche lui è figlio d’arte, ma la sua arte non è quella teatrale. La sua è l’arte del contrabbando, trasmessagli soprattutto dalla madre, con precise regole dettate da un codice d’onore non scritto.

Il racconto della sua vita è un febbrile e concitato flusso di coscienza, in cui i gesti si sovrappongono alle parole, gli aneddoti si fondono con la colonna sonora. I sassofoni di Maurizio Camardi sottolineano le pieghe della voce di Carrara, ne accentuano la suspense, ne variano il ritmo. Le note stesse si fanno parole, grida, sospiri e spasimi e rievocano ricordi e stati d’animo. Allo stesso modo, il racconto di Carrara si fa musica, accentuando timbri che sembrano creare melodie. La parlata è sporca di dialetti e inflessioni diverse, dal veneto al greco, dal siciliano allo svizzero. E nella versatilità propria dell’interprete, le voci si fondono e confondono. I ricordi corrono insieme verso un ideale e si incarnano nei molteplici personaggi, le cui personalità si mescolano, sebbene rimangano impeccabilmente distinte.

La poetica è scarna e diretta, come la vita stessa. Non ci sono ricami, mezzi termini, false tergiversazioni: la memoria di Rossini è fedele e rispettosa. I toni sono quelli dell’avventura, ma riportano ogni piega del carattere del malavitoso, ne restituiscono la verità che Carrara porta in scena in ogni sua opera. Verità che si avverte dalla platea e tiene incollati fino all’ultimo respiro, tra risate e riflessioni.

È questa la magia del teatro di Titino Carrara: sa arrivare al pubblico, le sue storie affascinano. E anche nelle frasi fatte, nei leitmotiv, non si ripete mai, non è mai banale o scontato. In lui, c’è il talento coltivato di chi è nato su un palco e l’energia di reinventarsi ogni giorno. Così, Rossini rivive, in tutte le sfumature del suo essere. Il nido della montagna, il brivido del mare, la fame, gli amori, le amicizie, i tradimenti. Fa tutto parte del caleidoscopio della vita senza pace di Beniamino, in cui “il cuore in tumulto e la testa piena di sogni” si preferiscono alla rassegnazione. La sua, infatti, è un’anima bramosa di rinascita, schiacciata tra rapine e malaffari. E mentre nel mondo tutto cambia e si trasforma, anche lui lo fa, cercando di riaffermare la sua dignità, i suoi ideali, il suo rispetto per gli altri e la bellezza. Fino a quando si spegne, portato via dalla malattia. Di lui, rimane solo il ricordo di chi l’ha conosciuto e il ritratto ipnotico che ne fa Carrara, che stupisce e incanta.

In fondo, è bello ricordarlo così: un idealista desideroso di vita, che forse non l’ha mai trovata completamente, alla ricerca com’era della terra della sua anima…

Irene Conte

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